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LOCRI EPIZEFIRI



Salvatore La Rosa
WWW.LOCRIANTICA.IT Benvenuti in Magna Grecia STORIA


PARTE SECONDA - LA COLONIZZAZIONE E IL PERIODO GRECO

CAPITOLO VI

LA DECADENZA DELLA POLIS GRECA
PIRRO E L'AVVENTO DI ROMA

I primi vent'anni del III secolo a.C. coincidono con l'ultimo periodo di reale indipendenza e prosperità per la polis di Locri Epizefiri.

L'ultimo grande avvenimento di questo periodo fu, probabilmente, il tentativo di Siracusa, sotto la guida del tiranno Agatocle, insieme all'alleata Locri, di riprendere il controllo di quello che fu, sotto Dionisio I, il vasto territorio che ricadeva sotto l'influenza siracusana.

Ma tale tentativo, sebbene inizialmente segnato da numerosi successi (la presa di Crotone nel 295 a.C., la liberazione di Hipponion nel 292 a.C. dal dominio dei Bruzzi), fallì a causa della malattia che colpì il tiranno e lo portò alla morte (avvenuta nel 289 a.C.).

Le conseguenze di tale fallimento furono disastrose, non solo per Siracusa e la stessa Locri Epizefiri, ma anche per tutte le altre città greche dell'Italia meridionale, le quali, ormai smarrito l'antico splendore e fortemente indebolite dal punto di vista militare, si trovarono impreparate ad affrontare la minaccia che per esse ormai rappresentavano i Bruzzi e le altre popolazioni indigene, quali i Sanniti ed i Lucani; lo stesso accadeva per le città greche della Sicilia le quali, ormai senza la protezione di Siracusa, erano facili prede per i cartaginesi.

Non potendo difendersi e, temendo ormai per la loro stessa sopravvivenza, alle città greche dell'Italia meridionale non restava ormai che chiedere l'aiuto di Roma. La quale, naturalmente, sfruttò l'occasione di estendere il proprio controllo verso sud e rispose, quindi, favorevolmente alle richieste d'aiuto e di invio di un presidio militare che una dopo l'altra le città greche dell'Italia meridionale le presentavano.

Richiesta che la stessa Locri fu costretta a fare ricevendo anch'essa, nel 282 a.C., un presidio militare romano.

PIRRO IN ITALIA

Nel 280 a.C., però, l'arrivo in Italia di Pirro, il cui aiuto era stato richiesto da Taranto per arginare l'avanzata romana verso sud, mutò nuovamente i fragili equilibri che si erano prodotti in quegli anni in Magna Grecia e Sicilia.

E questo perché la grande maggioranza delle città d'origine greca dell'Italia meridionale (ed in particolare quelle basate su un ordinamento democratico, come appunto Locri Epizefiri) non vedevano di buon occhio la presenza di Roma nel loro territorio, sentendosi, quindi, ad essa sottomesse.

Con queste premesse, supportate dai primi successi (sebbene parziali) che Pirro ottenne contro i romani, ben presto le varie città incominciarono a schierarsi dalla parte del re Epirota, allontanando, spesso con la forza, i presidi che Roma aveva in esse posto.

Lo stesso fece Locri, decidendo quindi di seguire le sorti di Pirro. Durante tale periodo, comunque, Locri Epizefiri non fu coinvolta in scontri di rilevante importanza, eccezion fatta per un tentativo congiunto di cartaginesi e romani (alleati contro un nemico comune in questo periodo storico) che nel 278 a.C. tentarono contro di essa una sortita via mare, venendo, però, respinti.

La spedizione di Pirro proseguiva, intanto, con alcuni successi che però non avevano portato a grossi risultati mentre, al contrario, l'esercito romano si andava riorganizzando e sembrava ormai poter avere il sopravvento su Pirro ed i suoi alleati tarantini.

Tale situazione, aggravata dalle prepotenze e dalle angherie di cui spesso si resero colpevoli le truppe di Pirro nelle città che le ospitavano, fu causa di numerosi contrasti all'interno delle città greche tra gli schieramenti aristocratici (favorevoli a Roma) e democratici (schierati con Pirro) e portò, nel 277 a.C., la città di Locri Epizefiri, nella quale prevalse il partito aristocratico, a consegnare la città al console romano Publio Cornelio Rufino che stava avanzando verso sud con le sue truppe dopo aver ripreso il controllo di numerose città che si erano in un primo momento schierate con Pirro.

Roma, dunque, controllava ormai gran parte dell'Italia meridionale e, Pirro, impegnato in Sicilia contro i cartaginesi, si vide costretto a tornare nel Bruzzio per tentare di arginare l'avanzata romana.

Spostò quindi le sue truppe e si mosse innanzitutto verso Locri, riprendendone il controllo nel 275 a.C. e vendicandosi aspramente nei confronti della popolazione che aveva consegnato la città ai romani; non contento di ciò si rese protagonista di devastazioni e saccheggi, che non risparmiarono nemmeno il famoso Persephoneion, come lo stesso Livio (Ab Urbe Condita XXIX 8, 9) ci tramanda:

"Iam avaritia ne sacrorum quidem spoliatione abstinuit; nec alia modo templa violata sed Proserpinae etiam intacti omni aetate thesauri, praeterquam quod a Pyrrho [...] spoliati dicebantur."

"Infatti, la cupidigia delle spogliazioni non risparmiò neppure le cose sacre; e non solo furono profanati altri templi, ma fu anche depredato il tesoro di Proserpina (Persephone), che da sempre era rimasto inviolato; si diceva che solo Pirro l'avesse saccheggiato".

Lo stesso Livio, però, proseguendo nella narrazione, ci riferisce di come Pirro, pentito del grave oltraggio perpetrato nei confronti della dea, interpretò alcune sue disgrazie successive come una punizione della dea stessa nei suoi confronti e decise di restituire il tesoro del Santuario per tentare di placarne l'ira:

"[...] qui cum magno piaculo sacrilegii sui manubias rettulit."

"(Ma si diceva anche che Pirro), dopo una grave espiazione, restituì le ricchezze (ricavate) dal suo atto sacrilego".

Ma il fallimento per Pirro era, comunque, ormai vicino, e si consumò, sempre nel 275 a.C., con la sconfitta di Maleventum (l'odierna Benevento), che lo costrinse ad abbandonare l'Italia.

L'effetto principale che, quindi, ebbe la venuta in Italia di Pirro fu l'aver permesso a Roma di accelerare la propria espansione verso sud, prendendo il controllo di quella che un tempo era stata la Magna Grecia; e come accadde a tutte le altre città del Bruzzio, anche Locri Epizefiri ricadde sotto il controllo di Roma seguendone, d'ora innanzi, le sorti.

 
     

 

 
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