|
Il teatro di Locri
Epizefiri risale al IV secolo a.C. e venne sostanzialmente modificato in
età romana. Durante il periodo greco venne utilizzato sia per rappresentazioni teatrali sia
per riunioni assembleari.
Originariamente la sua capienza doveva essere di
4500 spettatori ma venne ridotta in età romana per consentire lo
svolgimento di combattimenti tra gladiatori e tra uomini e animali.
Com'era consuetudine per il mondo greco, anche il teatro locrese venne
ricavato lungo il pendio naturale di una collina, in una zona
caratterizzata da una straordinaria acustica, con la cavea rivolta verso
il mare. I suoi resti (che possono essere visitati presso l'odierna
contrada Pirettina) furono portati alla luce dal prof. Paolo Enrico Arias nel 1940, anche
se lo scavo venne completato solo nel 1957 da Alfonso De Franciscis.
Della costruzione sono ancora oggi ben identificabili le
tre zone principali: l'orchestra, l'impianto scenico e la cavea; quest'ultima
suddivisa in cinque settori separati tra loro da quattro scalette. |
|
|
L'intera struttura è
realizzata in pietra arenaria nota come ammollis (termine derivato dalla
volgarizzazione del greco-bizantino ammolithos e che, letteralmente,
significa "pietra di sabbia": ammos =
sabbia e lithos = pietra) tipica di questa zona.
Tale pietra, molto friabile, a contatto con gli agenti atmosferici, è
soggetta ad un progressivo degrado che, dagli anni '40 ad oggi, nonostante
i numerosi tentativi di intervento a salvaguardia del monumento, ha
prodotto danni irreversibili alla cavea, rendendone quasi illeggibili
diversi settori.
A ridosso dell'area del teatro, verso mare, sono stati effettuati saggi di
scavo che hanno portato alla luce una porzione dell'antico centro abitato,
separata dalla zona del teatro da una probabile plateia, ed organizzata in
maniera regolare; fatto questo che ha portato ad ipotizzare che l'impianto
urbano regolare, accuratamente studiato nella zona di
centocamere, si estendesse a tutta la
città fino ai piedi delle colline. |
|