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PERSEPHONEION, IL SANTUARIO DI PERSEFONE |
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PERSEFONE APRE LA CESTA MISTICA
(Immagine tratta da G. Incorpora -
Locri Antica e Gerace, Ponte Nuovo Editrice, Bologna 1980 - II Edizione - pag. 47)
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"Καὶ γὰρ ἐπιφανέστατον τῶν κατὰ τὴν ᾽Ιταλίαν ἱερῶν τοῦτ᾽ εἶναι λέγεται
[...]"
Si narra infatti che questo fosse il più famoso tra
i santuari d'Italia
(Diodoro Siculo, Biblioteca Historica, Fragmenta Libri XXVII, 4 19-21)
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MITOLOGIA
Persefone è
la figlia di Zeus e di Demetra. Di lei si innamorò
Ade che, in assenza di Demetra, la rapì nei pressi
del lago di Pergo mentre stava raccogliendo fiori e la portò
nell'Averno.
Demetra, in preda alla disperazione,
la cercò ovunque finché, con la complicità di Elios,
riuscì a scoprire il nome del colpevole.
Adirata si
rivolse allora a Zeus per riavere la figlia ma, poiché
Persefone, mangiando alcuni chicchi di melograno, aveva
rotto il digiuno che le avrebbe permesso il ritorno sulla terra,
la sua richiesta non fu esaudita.
Demetra, dea del raccolto, minacciò allora di rendere
infruttuosa la
terra, e Zeus, preoccupato
per quanto stava accadendo,
fece si che si raggiungesse un compromesso, e cioè che
Persefone rimanesse per sei mesi (coincidenti
con autunno ed inverno) con Ade e per sei mesi (primavera ed
estate) con la madre. (Secondo un'altra versione del mito: per un
terzo dell'anno con Ade e per due terzi con
Demetra).
Dal momento del
suo rapimento Persefone divenne la dea degli inferi,
chiamata dai greci anche con il nome di Core (da cui il
nome delle feste a lei dedicate le cosiddette Coreie).
I romani la identificarono con Proserpina.
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Il luogo dove sono stati
riportati alla luce i resti del Santuario di Persefone sorge ai piedi del
colle della Mannella, a ridosso della cinta muraria (lato monte) della
polis, ed è raggiungibile tramite un sentiero che dalla
Torre di Casa Marzano scende dalla Mannella stessa verso il vallone Saitta-Abbadessa.
Dai reperti recuperati e dagli studi effettuati è stato possibile datare
la sua frequentazione ad un periodo compreso tra il VII sec. a.C. ed il
III sec. a.C.
La sua scoperta e la conseguente identificazione con il famoso
Persephoneion si devono a Paolo Orsi che portò a compimento nella zona,
tra il 1908 ed il 1911, una minuziosa serie di scavi ed esplorazioni che
gli permisero di fugare ogni possibile dubbio sulla reale origine delle
strutture e degli straordinari reperti riportati alla luce (tra i quali i
celeberrimi Pinakes).
A Locri il massimo santuario era il "celebratissimum illud Proserpinae",
di cui è mia ferma convinzione di aver scoperto gli avanzi e la stipe.
(Paolo Orsi, Notizie degli scavi di antichità,
Serie V, Vol. XI - Supplemento 1913 - Roma 1914, Pag. 143)
Tali dubbi sussistevano poichè fino ad allora, sulla base dei manufatti
scoperti nel territorio dell'antica polis e di resoconti di viaggiatori
antichi e moderni, erano state proposte varie zone che potevano
essere ipotizzate quali identificabili con il famoso Santuario
dell'antichità (tra queste i resti nell'area di Casa Marafioti e l'area
sacra di Marasà).
Tutto ciò derivava dal fatto che l'idea di scoprire l'esatta
ubicazione dell'antico Persephoneion aveva affascinato per secoli tutti
coloro i quali per professione, studio o semplice passione si erano
accostati alla storia dell'antica Locri. E questo perchè tale santuario è
stato descritto dagli storici antichi come conosciuto e venerato in tutto
il mondo antico e che, proprio per questa sua condizione, poteva contare
su ampie ricchezze che nel corso della storia sono state spesso oggetto
degli appetiti di sovrani stranieri o delinquenti comuni (v. Livio, Ab Urbe
Condita, XXIX 8, 9 e XXXI 12, 1-4, brani riportati in Storia - Periodo Greco, Cap. VI
e Periodo Romano, Cap. IV)
o, ancora, come nel caso di Pleminio (v. Storia - Periodo Romano, Cap.III),
di reggenti pro-tempore della città.
L'identificazione effettuata
dall'Orsi poneva, dunque, fine alla ricerca del Santuario di Persefone.
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Dagli scavi effettuati, l'archeologo di Rovereto riportò alla luce
degli imponenti muri di contenimento realizzati in blocchi di pietra arenaria nota come ammollis (termine derivato dalla
volgarizzazione del greco-bizantino ammolithos e che, letteralmente,
significa "pietra di sabbia": ammos =
sabbia e lithos = pietra) tipica di questa zona; muri che, con
molta probabilità, segnavano anche i confini dell'area sacra (temenos)
del Santuario.
All'interno di tali confini l'Orsi individuò una
struttura, posta immediatamente alla base della collina, realizzata con
blocchi non di ammollis ma, al contrario, di calcare di ottima
qualità a voler, probabilmente, sottolineare l'importanza monumentale
della struttura da essi costituita. Tale struttura si sviluppa intorno ad
una fossa quadrata che, sebbene ormai priva da tempo delle strutture
monumentali che in antichità dovevano sovrastarla, venne interpretata
dall'archeologo come un thesauros del Santuario.
L'esplorazione dell'area ha portato alla conclusione che il Santuario non
fosse caratterizzato dalla presenza di un tempio (che, del resto, non è
l'elemento fondamentale dei santuari greci), ma la sua monumentalizzazione
era comunque assicurata dalle imponenti strutture murarie di contenimento che
avevano anche la funzione di delimitare, nel ridotto spazio fornito dalla gola naturale creata dalle
due colline Mannella e Abbadessa, uno stretto e poco illuminato percorso
d'accesso all'area sacra; percorso che, unito alle peculiari
caratteristiche del luogo, forniva senza dubbi al visitatore antico
l'impressione reale di trovarsi in un luogo ultraterreno governato da
Persefone, dea degli inferi.
Al giorno d'oggi la visita del luogo
risulta difficile a causa della vegetazione che ricopre la zona e le
strutture murarie visibili, e come tali identificabili, sono poche; ma la
suggestione che il luogo esercita è rimasta intatta e permette di
comprendere facilmente uno dei motivi per i quali questo Santuario, il
Persephoneion, fosse così conosciuto e rinomato nei tempi antichi. |
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