I primi vent'anni del III secolo a.C. coincidono con
l'ultimo periodo di reale indipendenza e prosperità per la
polis
di Locri Epizefiri.
L'ultimo grande avvenimento di questo periodo fu,
probabilmente, il tentativo di Siracusa, sotto la guida del
tiranno Agatocle, insieme all'alleata Locri, di riprendere
il controllo di quello che fu, sotto Dionisio I, il vasto
territorio che ricadeva sotto l'influenza siracusana.
Ma tale tentativo, sebbene inizialmente segnato da numerosi
successi (la presa di Crotone nel 295 a.C., la liberazione
di Hipponion nel 292 a.C. dal dominio dei Bruzzi), fallì a
causa della malattia che colpì il tiranno e lo portò alla
morte (avvenuta nel 289 a.C.).
Le conseguenze di tale fallimento furono disastrose, non
solo per Siracusa e la stessa Locri Epizefiri, ma anche per
tutte le altre città greche dell'Italia meridionale, le
quali, ormai smarrito l'antico splendore e fortemente
indebolite dal punto di vista militare, si trovarono
impreparate ad affrontare la minaccia che per esse ormai
rappresentavano i Bruzzi e le altre popolazioni indigene,
quali i Sanniti ed i Lucani; lo stesso accadeva per le città
greche della Sicilia le quali, ormai senza la protezione di
Siracusa, erano facili prede per i cartaginesi.
Non potendo difendersi e, temendo ormai per la loro stessa
sopravvivenza, alle città greche dell'Italia meridionale non
restava ormai che chiedere l'aiuto di Roma. La quale,
naturalmente, sfruttò l'occasione di estendere il proprio
controllo verso sud e rispose, quindi, favorevolmente alle
richieste d'aiuto e di invio di un presidio militare che una
dopo l'altra le città greche dell'Italia meridionale le
presentavano.
Richiesta che la stessa Locri fu costretta a fare ricevendo
anch'essa, nel 282 a.C., un presidio militare romano.
PIRRO IN ITALIA
Nel 280 a.C., però,
l'arrivo in Italia di Pirro, il cui aiuto era stato
richiesto da Taranto per arginare l'avanzata romana verso
sud, mutò nuovamente i fragili equilibri che si erano
prodotti in quegli anni in Magna Grecia e Sicilia.
E questo perché la grande maggioranza delle città d'origine
greca dell'Italia meridionale (ed in particolare quelle
basate su un ordinamento democratico, come appunto Locri
Epizefiri) non vedevano di buon occhio la presenza di Roma
nel loro territorio, sentendosi, quindi, ad essa sottomesse.
Con queste premesse, supportate dai primi successi (sebbene
parziali) che Pirro ottenne contro i romani, ben presto le
varie città incominciarono a schierarsi dalla parte del re
Epirota, allontanando, spesso con la forza, i presidi che
Roma aveva in esse posto.
Lo stesso fece Locri, decidendo quindi di seguire le sorti
di Pirro. Durante tale periodo, comunque, Locri Epizefiri
non fu coinvolta in scontri di rilevante importanza,
eccezion fatta per un tentativo congiunto di cartaginesi e
romani (alleati contro un nemico comune in questo periodo
storico) che nel 278 a.C. tentarono contro di essa una
sortita via mare, venendo, però, respinti.
La spedizione di Pirro proseguiva, intanto, con alcuni
successi che però non avevano portato a grossi risultati
mentre, al contrario, l'esercito romano si andava riorganizzando e
sembrava ormai poter avere il sopravvento su Pirro ed i suoi
alleati tarantini.
Tale situazione, aggravata dalle prepotenze e dalle angherie
di cui spesso si resero colpevoli le truppe di Pirro nelle
città che le ospitavano, fu causa di numerosi contrasti
all'interno delle città greche tra gli schieramenti
aristocratici (favorevoli a Roma) e democratici (schierati
con Pirro) e portò, nel 277 a.C., la città di Locri
Epizefiri, nella quale prevalse il partito aristocratico, a
consegnare la città al console romano Publio Cornelio Rufino
che stava avanzando verso sud con le sue truppe dopo aver
ripreso il controllo di numerose città che si erano in un
primo momento schierate con Pirro.
Roma, dunque, controllava ormai gran parte dell'Italia
meridionale e, Pirro, impegnato in Sicilia contro i
cartaginesi, si vide costretto a tornare nel Bruzzio per
tentare di arginare l'avanzata romana.
Spostò quindi le sue truppe e si mosse innanzitutto verso
Locri, riprendendone il controllo nel 275 a.C. e
vendicandosi aspramente nei confronti della popolazione che
aveva consegnato la città ai romani; non contento di ciò si
rese protagonista di devastazioni e saccheggi, che non
risparmiarono nemmeno il famoso
Persephoneion, come lo stesso
Livio (Ab Urbe Condita XXIX 8, 9) ci tramanda:
"Iam avaritia ne
sacrorum quidem spoliatione abstinuit; nec alia modo
templa violata sed Proserpinae etiam intacti omni
aetate thesauri, praeterquam quod a Pyrrho [...]
spoliati dicebantur."
"Infatti, la cupidigia delle spogliazioni non risparmiò
neppure le cose sacre; e non solo furono profanati altri
templi, ma fu anche depredato il tesoro di Proserpina
(Persephone), che da sempre era rimasto inviolato; si
diceva che solo Pirro l'avesse saccheggiato".
Lo stesso Livio, però, proseguendo nella narrazione, ci
riferisce di come Pirro, pentito del grave oltraggio
perpetrato nei confronti della dea, interpretò alcune sue
disgrazie successive come una punizione della dea stessa nei
suoi confronti e decise di restituire il tesoro del
Santuario
per tentare di placarne l'ira:
"[...] qui cum
magno piaculo sacrilegii sui manubias rettulit."
"(Ma si diceva anche che Pirro),
dopo una grave espiazione,
restituì le ricchezze (ricavate) dal suo
atto sacrilego".
Ma il fallimento per Pirro era, comunque, ormai vicino, e si
consumò, sempre nel 275 a.C., con la sconfitta di Maleventum
(l'odierna Benevento), che lo costrinse ad abbandonare
l'Italia.
L'effetto principale che, quindi, ebbe la venuta in Italia
di Pirro fu l'aver permesso a Roma di accelerare la propria
espansione verso sud, prendendo il controllo di quella che
un tempo era stata la Magna Grecia; e come accadde a tutte le altre
città del Bruzzio, anche Locri Epizefiri
ricadde sotto il controllo di Roma seguendone, d'ora
innanzi, le sorti. |