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LOCRI EPIZEFIRI



Salvatore La Rosa
WWW.LOCRIANTICA.IT Benvenuti in Magna Grecia STORIA


PARTE TERZA - IL PERIODO ROMANO

CAPITOLO II

SECONDA GUERRA PUNICA:
LOCRI TRA ROMA E CARTAGINE

Nel 218 a.C., mentre numerose questioni restavano ancora aperte tra Roma e le città greche dell'Italia meridionale, Annibale varcava le Alpi portando, così, la guerra contro i romani direttamente in Italia.

Come sappiamo l'avanzata del grande condottiero cartaginese sembrava inarrestabile e dopo la terribile sconfitta inferta ai romani a Canne (216 a.C.) il destino di Roma sembrava ormai segnato. Cominciarono così le defezioni di tutte quelle città dell'Italia meridionale che, nel periodo tra le due guerre, incominciarono a ritenere i romani forze di occupazione piuttosto che alleati e di buon grado decisero di schierarsi con i cartaginesi spinte anche dalle continue promesse di libertà ed indipendenza che Annibale fece loro.

Rapidamente la Puglia, la Lucania e buona parte della Campania caddero sotto il controllo cartaginese; per completare la conquista dell'Italia meridionale ad Annibale mancava ormai solo il Bruzzio, e contro di esso rivolse la sua attenzione a partire dall'inverno tra il 216 ed il 215 a.C.
Per Annibale era prioritario conquistarsi al più presto uno sbocco sul mare nel Bruzzio e, dopo aver rinunciato a Reggio, diede ordine al suo luogotenente Annone di impadronirsi di Locri.

La notizia che l'esercito cartaginese stava marciando verso l'ex colonia greca costrinse i locresi a cercare di recuperare dal proprio territorio il maggior numero di risorse possibili per potersi rifugiare all'interno della cinta muraria e cercare, così, di resistere all'ormai inevitabile assedio. Ma Annone, informato della cosa, mandò avanti la cavalleria agli ordini del suo ufficiale Amilcare con l'ordine di bloccare al di fuori delle mura cittadine la popolazione intenta a recuperare tali risorse raccomandando, però, di non fare del male a nessuno per garantirsi così un cospicuo numero di prigionieri.

Il piano del comandante cartaginese ebbe successo ed i prigionieri vennero utilizzati come merce di scambio per ottenere la resa incondizionata della città che, accettando lo scambio, avrebbe potuto godere da subito della protezione e dell'amicizia cartaginese.

L'assemblea popolare locrese, convocata per decidere la risposta da dare ad Annone, sebbene riluttante a consegnarsi ai cartaginesi, alla fine diede il suo assenso allo scambio, soprattutto per il timore di quella che avrebbe potuto essere la sorte dei loro congiunti tenuti prigionieri.

Allo stesso tempo, però, in parte per non far torto all'alleato di un tempo in un'epoca dall'incerto futuro, ed in parte perchè il popolo di Locri dal rientro in città del presidio, nel 272 a.C. non aveva mai avuto problemi con i romani, si deliberò segretamente di permettere al presidio stesso, comandato da Lucio Atilio, di lasciare la città per imbarcarsi alla volta di Reggio dove si sarebbe ricongiunto alle altre truppe romane sfuggendo, così, alla furia cartaginese.

Tale azione rischiò, però, di far saltare l'accordo con i cartaginesi; alla fine, comunque, Annibale diede l'ordine al suo luogotenente di mantenere la parola data.

Alla città di Locri venne così concessa un'ampia libertà, mantenendo sotto il proprio controllo il porto e potendo autogovernarsi a patto che, in caso di bisogno, fornisse un valido sostegno alle forze cartaginesi. (Livio, Ab Urbe Condita, XXIV 7, 1-13)

Tale nuovo rapporto che si venne ad instaurare tra Locri ed i cartaginesi permise, nello stesso anno (215 a.C.), ad alcuni legati locresi, dopo aver ottenuto il permesso da Annone, di offrire una possibilità di salvezza ai "fratelli" crotoniati (gli scontri del periodo greco sono ormai solo un ricordo) assediati dai Bruzzi e dai Cartaginesi all'interno dell'ultimo bastione inespugnato dell'antica e potente colonia greca.

L'accordo che i legati avevano stipulato con Annone consisteva nell'offrire agli assediati la possibilità di abbandonare la città per trasferirsi a Locri. I crotoniati accettarono e Crotone cadde in mano cartaginese. Dell'episodio ci da notizia Livio (Ab Urbe Condita, XXIV 3, 14-15), anche se vi sono alcuni dubbi sul fatto che, dopo l'abbandono di Crotone, gli esuli si siano realmente trasferiti in massa a Locri.

Dopo la conquista di Locri e di quasi tutte le altre città del Bruzzio e dopo l'importantissima presa di Taranto, Annibale sembrava ormai pronto a sferrare il colpo decisivo contro Roma. Ma così non accadde e le forze romane incominciarono ad ottenere le prime importanti vittorie, a cominciare dall'impresa compiuta dalle truppe agli ordini del console Marco Claudio Marcello, le quali riuscirono ad espugnare Siracusa segnando, così, l'inizio della riscossa romana dopo lunghi anni nei quali l'esercito cartaginese pareva invincibile.

Una dopo l'altra le città dell'Italia meridionale conquistate dai cartaginesi o ribellatesi a Roma vennero riprese dai romani. E dopo aver riconquistato Taranto i romani rivolsero il loro sguardo su Locri, l'ultima grande città dell'antica Magna Grecia ancora nelle mani di Annibale.

L'impresa, però, si dimostrò subito ardua per i romani tant'è che le truppe terrestri inviate a supporto di una spedizione navale guidata da Lucio Cincio Alimento vennero annientate presso Petelia soffrendo la perdita di quasi tremilacinquecento uomini (duemila morti e quasi millecinquecento prigionieri). Poco tempo dopo persino i due consoli romani, Marco Claudio Marcello e Tito Quinzio Crispino, trovarono la morte durante una ricognizione nei pressi degli accampamenti cartaginesi.

Nel frattempo, comunque, la spedizione navale di Lucio Cincio Alimento raggiunse Locri assediandola. Subito Annibale radunò le sue truppe e si mise in marcia verso Locri. All'interno della città assediata si trovava il presidio cartaginese comandato da Magone, il quale, vedendo giungere il suo comandante per dargli man forte decise di lanciare un furioso attacco contro le truppe assedianti romane le quali, stupite dalla reazione di Magone ed intimorite dal sopraggiungere di Annibale, si diedero alla fuga a bordo delle navi con le quali erano giunte.

Finiva così l'assedio di Locri, siamo nel 208 a.C.

L'anno seguente fu un anno importante per le sorti della guerra. I romani, infatti, uccisero Asdrubale, fratello di Annibale, tagliando così ai cartaginesi la possibilità di ricevere rifornimenti; contemporaneamente riconquistarono Metaponto ed Eraclea lasciando ormai nelle mani di Annibale soltanto le città del Bruzzio, con Locri sua ultima grande città e roccaforte. Ciò nonostante la situazione per l'antica polis rimase relativamente tranquilla fino al 205 a.C.

In quell'anno lo stesso console Publio Cornelio Scipione si occupò dei piani per riconquistarla e l'occasione giusta gli si presentò allorquando caddero nelle mani dei romani alcuni abitanti di Locri. Questi li informarono del fatto che ormai un'ampia parte della popolazione non sopportava più la presenza cartaginese e che, se debitamente imbonita, si sarebbe potuta rivoltare contro gli occupanti e avrebbe potuto riaprire le porte della città all'antico alleato. Tali parole, confermate a Scipione dagli esuli locresi di Reggio, fedeli ai romani, fecero scattare il piano, che consisteva nel far rientrare a Locri i prigionieri, i quali avrebbero provveduto, una volta all'interno delle mura, a mettere nottetempo le guardie cartaginesi in condizioni di non nuocere, favorendo così l'ingresso nella parte bassa della città delle truppe romane (tremila uomini) agli ordini dei tribuni militari Marco Sergio e Publio Mazieno, sotto la supervisione del propretore Quinto Pleminio; e così avvenne.

I cartaginesi, presi alla sprovvista, si rifugiarono nella parte alta della città ed incominciò così una logorante battaglia fatta di scaramucce quotidiane e mai definitive tra i due presidi nemici all'interno della città: da una parte i romani con a capo Quinto Pleminio e dall'altra i cartaginesi guidati da Amilcare.

Venuto a conoscenza della situazione, Annibale si mise immediatamente in marcia con il suo esercito verso Locri. Era ormai in procinto di raggiungere la città quando, però, la stessa popolazione locrese, vittima negli ultimi tempi dei soprusi e delle angherie dei cartaginesi, scese in campo al fianco dei romani, che sembravano ormai sopraffatti, mutando così a loro vantaggio quelle che avrebbero dovuto essere le sorti della battaglia.

Ecco come l'episodio viene riportato da Livio (Ab Urbe Condita, XXIX 6, 17):

"[...] ipse postremo veniebat Hannibal, nec sustinuissent Romani nisi Locrensium multitudo, exacerbata superbia atque avaritia Poenorum, ad Romanos inclinasset".

"Alla fine, (nel momento in cui) giungeva lo stesso Annibale, i Romani non avrebbero potuto resistere (a lungo) se la moltitudine dei Locresi, esasperata dall'arroganza e dalla cupidigia dei Cartaginesi, non si fosse schierata con i Romani (stessi)".

Dopo poco tempo giunse la flotta romana, guidata da Scipione in persona, che incominciò a sbarcare le sue truppe per dar man forte agli uomini che già si trovavano all'interno della città. Allora Annibale capì che Locri era ormai persa. Diede, quindi, ordine ai suoi uomini che si trovavano ancora dentro le mura di cercare di fuggire in qualunque modo e, fatto ciò, se ne andò via anche lui.

Dopo dieci anni Locri tornava sotto il controllo romano e si preparava a vivere un periodo di violenze e crudeltà a causa dell'arrogante e prepotente amministrazione di Quinto Pleminio, della quale si parlerà in dettaglio nel prossimo capitolo.

Con la riconquista romana del 205 a.C. si concludono le vicende militari che coinvolsero Locri durante la seconda guerra punica e, di lì a due anni, la stessa guerra vide la sua conclusione con la partenza di Annibale e la definitiva vittoria di Roma.

 
     

 

 
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