Nel 218 a.C., mentre numerose
questioni restavano ancora aperte tra Roma e le città greche
dell'Italia meridionale, Annibale varcava le Alpi portando,
così, la guerra contro i romani direttamente in Italia.
Come sappiamo l'avanzata del grande condottiero cartaginese
sembrava inarrestabile e dopo la terribile sconfitta inferta
ai romani a Canne (216 a.C.) il destino di Roma sembrava
ormai segnato. Cominciarono così le defezioni di tutte
quelle città dell'Italia meridionale che, nel periodo tra le
due guerre, incominciarono a ritenere i romani forze di
occupazione piuttosto che alleati e di buon grado decisero
di schierarsi con i cartaginesi spinte anche dalle continue
promesse di libertà ed indipendenza che Annibale fece loro.
Rapidamente la Puglia, la Lucania e buona parte della
Campania caddero sotto il controllo cartaginese; per
completare la conquista dell'Italia meridionale ad Annibale
mancava ormai solo il Bruzzio, e contro di esso rivolse la
sua attenzione a partire dall'inverno tra il 216 ed il 215
a.C.
Per Annibale era prioritario conquistarsi al più presto uno
sbocco sul mare nel Bruzzio e, dopo aver rinunciato a
Reggio, diede ordine al suo luogotenente Annone di
impadronirsi di Locri.
La notizia che l'esercito cartaginese stava marciando verso
l'ex colonia greca costrinse i locresi a cercare di
recuperare dal proprio territorio il maggior numero di
risorse possibili per potersi rifugiare all'interno della
cinta muraria e cercare, così, di resistere all'ormai
inevitabile assedio. Ma Annone, informato della cosa, mandò
avanti la cavalleria agli ordini del suo ufficiale Amilcare
con l'ordine di bloccare al di fuori delle mura cittadine la
popolazione intenta a recuperare tali risorse raccomandando,
però, di non fare del male a nessuno per garantirsi così un
cospicuo numero di prigionieri.
Il piano del comandante cartaginese ebbe successo ed i
prigionieri vennero utilizzati come merce di scambio per
ottenere la resa incondizionata della città che, accettando
lo scambio, avrebbe potuto godere da subito della protezione
e dell'amicizia cartaginese.
L'assemblea popolare locrese, convocata per decidere la
risposta da dare ad Annone, sebbene riluttante a consegnarsi
ai cartaginesi, alla fine diede il suo assenso allo scambio,
soprattutto per il timore di quella che avrebbe potuto
essere la sorte dei loro congiunti tenuti prigionieri.
Allo stesso tempo, però, in parte per non far torto
all'alleato di un tempo in un'epoca dall'incerto futuro, ed
in parte perchè il popolo di Locri dal rientro in città del
presidio, nel 272 a.C. non aveva mai avuto problemi con i
romani, si deliberò segretamente di permettere al presidio
stesso, comandato da Lucio Atilio, di lasciare la città per
imbarcarsi alla volta di Reggio dove si sarebbe ricongiunto
alle altre truppe romane sfuggendo, così, alla furia
cartaginese.
Tale azione rischiò, però, di far saltare l'accordo con i
cartaginesi; alla fine, comunque, Annibale diede l'ordine al
suo luogotenente di mantenere la parola data.
Alla città di Locri venne così concessa un'ampia libertà,
mantenendo sotto il proprio controllo il porto e potendo
autogovernarsi a patto che, in caso di bisogno, fornisse un
valido sostegno alle forze cartaginesi. (Livio, Ab Urbe
Condita, XXIV 7, 1-13)
Tale nuovo rapporto che si venne ad instaurare tra Locri ed
i cartaginesi permise, nello stesso anno (215 a.C.), ad
alcuni legati locresi, dopo aver ottenuto il permesso da
Annone, di offrire una possibilità di salvezza ai "fratelli"
crotoniati (gli scontri del periodo greco sono ormai solo un
ricordo) assediati dai Bruzzi e dai Cartaginesi all'interno
dell'ultimo bastione inespugnato dell'antica e potente
colonia greca.
L'accordo che i legati avevano stipulato con Annone
consisteva nell'offrire agli assediati la possibilità di
abbandonare la città per trasferirsi a Locri. I crotoniati
accettarono e Crotone cadde in mano cartaginese.
Dell'episodio ci da notizia Livio (Ab Urbe
Condita, XXIV 3, 14-15), anche se
vi sono alcuni dubbi sul fatto che, dopo l'abbandono di
Crotone, gli esuli si siano realmente trasferiti in massa a
Locri.
Dopo la conquista di Locri e di quasi tutte le altre città
del Bruzzio e dopo l'importantissima presa di Taranto,
Annibale sembrava ormai pronto a sferrare il colpo decisivo
contro Roma. Ma così non accadde e le forze romane
incominciarono ad ottenere le prime importanti vittorie, a
cominciare dall'impresa compiuta dalle truppe agli ordini
del console Marco Claudio Marcello, le quali riuscirono ad
espugnare Siracusa segnando, così, l'inizio della riscossa
romana dopo lunghi anni nei quali l'esercito cartaginese
pareva invincibile.
Una dopo l'altra le città dell'Italia meridionale
conquistate dai cartaginesi o ribellatesi a Roma vennero
riprese dai romani. E dopo aver riconquistato Taranto i
romani rivolsero il loro sguardo su Locri, l'ultima grande
città dell'antica Magna Grecia ancora nelle mani di
Annibale.
L'impresa, però, si dimostrò subito ardua per i romani
tant'è che le truppe terrestri inviate a supporto di una
spedizione navale guidata da Lucio Cincio Alimento vennero
annientate presso Petelia soffrendo la perdita di quasi
tremilacinquecento uomini (duemila morti e quasi
millecinquecento prigionieri). Poco tempo dopo persino i due
consoli romani, Marco Claudio Marcello e Tito Quinzio Crispino, trovarono la morte
durante una ricognizione nei pressi degli accampamenti
cartaginesi.
Nel frattempo, comunque, la spedizione navale di Lucio Cincio
Alimento raggiunse Locri assediandola. Subito Annibale
radunò le sue truppe e si mise in marcia verso Locri.
All'interno della città assediata si trovava il presidio
cartaginese comandato da Magone, il quale, vedendo giungere
il suo comandante per dargli man forte decise di lanciare un
furioso attacco contro le truppe assedianti romane le quali,
stupite dalla reazione di Magone ed intimorite dal
sopraggiungere di Annibale, si diedero alla fuga a bordo
delle navi con le quali erano giunte.
Finiva così l'assedio di Locri, siamo nel 208 a.C.
L'anno seguente fu un anno importante per le sorti della
guerra. I romani, infatti, uccisero Asdrubale, fratello di
Annibale, tagliando così ai cartaginesi la possibilità di
ricevere rifornimenti; contemporaneamente riconquistarono
Metaponto ed Eraclea lasciando ormai nelle mani di Annibale
soltanto le città del Bruzzio, con Locri sua ultima grande
città e roccaforte. Ciò nonostante la situazione per
l'antica polis rimase relativamente tranquilla fino al 205
a.C.
In quell'anno lo stesso console Publio Cornelio Scipione si occupò dei piani
per riconquistarla e l'occasione giusta gli si presentò
allorquando caddero nelle mani dei romani alcuni abitanti di
Locri. Questi li informarono del fatto che ormai un'ampia
parte della popolazione non sopportava più la presenza
cartaginese e che, se debitamente imbonita, si sarebbe
potuta rivoltare contro gli occupanti e avrebbe potuto
riaprire le porte della città all'antico alleato. Tali
parole, confermate a Scipione dagli esuli locresi di Reggio,
fedeli ai romani, fecero scattare il piano, che consisteva
nel far rientrare a Locri i prigionieri, i quali avrebbero
provveduto, una volta all'interno delle mura, a mettere
nottetempo le guardie cartaginesi in condizioni di non
nuocere, favorendo così l'ingresso nella parte bassa della
città delle truppe romane (tremila uomini) agli ordini dei
tribuni militari Marco Sergio e Publio Mazieno, sotto la
supervisione del propretore Quinto Pleminio; e così avvenne.
I cartaginesi, presi alla sprovvista, si rifugiarono nella
parte alta della città ed incominciò così una logorante
battaglia fatta di scaramucce quotidiane e mai definitive
tra i due presidi nemici all'interno della città: da una
parte i romani con a capo Quinto Pleminio e dall'altra i
cartaginesi guidati da Amilcare.
Venuto a conoscenza della situazione, Annibale si mise
immediatamente in marcia con il suo esercito verso Locri.
Era ormai in procinto di raggiungere la città quando, però, la
stessa popolazione locrese, vittima negli ultimi tempi dei
soprusi e delle angherie dei cartaginesi, scese in campo al
fianco dei romani, che sembravano ormai sopraffatti, mutando
così a loro vantaggio quelle che avrebbero dovuto essere le sorti della battaglia.
Ecco come l'episodio viene riportato da Livio (Ab Urbe
Condita, XXIX 6, 17):
"[...] ipse
postremo veniebat Hannibal, nec sustinuissent Romani nisi
Locrensium multitudo, exacerbata superbia atque avaritia
Poenorum, ad Romanos inclinasset".
"Alla fine, (nel momento in
cui) giungeva lo stesso Annibale, i Romani non avrebbero
potuto resistere (a lungo) se la moltitudine dei Locresi,
esasperata dall'arroganza e dalla cupidigia dei Cartaginesi,
non si fosse schierata con i Romani (stessi)".
Dopo poco
tempo giunse la flotta romana, guidata da Scipione in
persona, che incominciò a sbarcare le sue truppe per dar man
forte agli uomini che già si trovavano all'interno della
città. Allora Annibale capì che Locri era ormai persa.
Diede, quindi, ordine ai suoi uomini che si trovavano ancora
dentro le mura di cercare di fuggire in qualunque modo e,
fatto ciò, se ne andò via anche lui.
Dopo dieci anni Locri tornava sotto il controllo romano e si
preparava a vivere un periodo di violenze e crudeltà a causa
dell'arrogante e prepotente amministrazione di Quinto
Pleminio, della quale si parlerà in dettaglio nel prossimo
capitolo.
Con la riconquista romana del 205 a.C. si concludono le
vicende militari che coinvolsero Locri durante la seconda
guerra punica e, di lì a due anni, la stessa guerra vide la
sua conclusione con la partenza di Annibale e la definitiva
vittoria di Roma. |