Secondo quanto ci tramanda Livio, gli anni tra la
fine del III sec. a.C. e gli inizi del II sec. a.C. sono
segnati, per Locri, da una nuova profanazione del
Persephoneion ad opera, questa volta, di saccheggiatori
Bruzzi che causarono un nuovo e deciso intervento del Senato
Romano a favore della città Locrese ont(Livio, Ab Urbe
Condita, XXXI 12, 1-4):
"Litterae
deinde in senatu recitatae sunt Q. Minuci praetoris, cui
Bruttii provincia erat: pecuniam Locris ex Proserpinae
thesauris nocte clam sublatam, nec ad quos pertineat facinus
vestigia ulla exstare. Indigne passus senatus non cessari ab
sacrilegiis et ne Pleminium quidem, tam clarum recensque
noxae simul ac poenae exemplum, homines deterrere. C.
Aurelio consuli negotium datum ut ad praetorem in Bruttios
scriberet: senatui placere, quaestionem de expilatis
thesauris eodem exemplo haberi quo M. Pomponius praetor
triennio ante habuisset; quae inventa pecunia esset, reponi;
si quo minus inventum foret, expleri ac piacularia, si
videretur, sicut ante pontifices censuissent, fieri".
"Fu poi
letta in Senato una lettera del pretore Quinto Minucio, che
governava la provincia del Bruzio: una somma di denaro era
stata sottratta nottetempo dal tesoro di Proserpina a Locri,
nè c'erano tracce dei colpevoli. Il Senato s'indignò del
fatto che i sacrilegi non cessassero e che neppure il caso
di Pleminio, esempio così famoso e recente di crimine
punito, tratteneva gli uomini. Al console Gaio Aurelio fu
affidata l'incombenza di scrivere al pretore nel Bruzio che
il Senato desiderava che, in merito alla questione del
saccheggio del tesoro, si procedesse come aveva fatto il
pretore Marco Pomponio tre anni prima; che il denaro
(eventualmente) ritrovato dovesse essere riposto (nel
tesoro): nel caso in cui se ne fosse trovato di meno si
doveva procedere alla (sua) integrazione e, se lo avesse
ritenuto opportuno, si dovevano celebrare dei sacrifici di
espiazione, come i pontefici avevano prescritto in passato".
Tale
attenzione del Senato per un simile evento era si dettata
dalla volontà di Roma di rispettare il giuramento di fede ed
aiuto reciproco fatto con Locri pochi anni prima ma era
anche (come ci dice ancora lo stesso Livio nei capitoli
successivi), ancora una volta, determinata dalla
correlazione che i membri del Senato avevano fatto tra la
profanazione del tempio ed alcuni eventi prodigiosi, visti
come di cattivo auspicio dai senatori, verificatisi in tutta
l'Italia meridionale e non solo. Tant'è che le indagini di
Quinto Minucio furono rapide e portarono ben presto alla
cattura dei colpevoli ed alla restituzione delle somme di
denaro sottratte dal tesoro (Livio, Ab Urbe
Condita, XXXI 13, 1):
"[...] nam
etiam Locris sacrilegium pervestigatum ab Q. Minucio erat,
pecuniaque ex bonis noxiorum in thesauros reposita [...]".
"Infatti
anche a Locri Quinto Minucio aveva minuziosamente indagato
sul sacrilegio e aveva rimesso nel tesoro il denaro,
(attingendo) dai beni dei colpevoli".
Successivamente a questi fatti Locri sarà chiamata, per
parte sua, a rispettare gli obblighi militari che gli
derivavano dal suo status di Civitas Foederata e,
rispettivamente nel 191 a.C. nella prima guerra contro
Antioco III il Grande e, poi, nel 171 a.C. nello scontro contro Perseo
di Macedonia, fu
in grado di fornire alla flotta romana le proprie triremi
riuscendo a soddisfare così, puntualmente, le richieste del
proprio alleato.
Ma la crisi demografica ed economica che era in atto a
Locri, e della quale si era accennato nel capitolo
precedente, portò la città, nel 156 a.C., a non poter
fornire le navi richieste alle spedizioni militari che Roma
stava compiendo contro i Dalmati e nei territori della
penisola Iberica; ed in questo caso furono, a quanto egli
stesso ci riferisce, i buoni uffici dello storico Polibio, che godeva
di grande favore presso Roma, a dispensare la cittadina Locrese dall'invio delle navi senza incorrere in sanzioni di
alcun genere. Buoni uffici che, è sempre lo storico a
darcene conto (Polibio, Storie, XII 5),
egli svolse di buon grado in quanto in quegli anni si
era spesso recato nella città Locrese dove gli abitanti gli
avevano permesso, mediante la narrazione dei fatti relativi
alla nascita dell'antica polis, di avvalorare la tesi di
Aristotele a discapito di quella di Timeo sulle origini dei
colonizzatori greci (vedi Periodo Greco - Capitolo I).
Per il resto, gli storici
antichi non ci hanno tramandato molte altre notizie
relativamente a questa fase storica nella quale,
assecondando quell'inevitabile processo che era ormai in
corso e che prende il nome di romanizzazione, Locri
si preparava a diventare città romana a tutti gli effetti.
Cosa, questa, che avvenne mediante l'istituzione del
Municipium di Locri, come accadde ad altre città
foederate, probabilmente nell'89 a.C. in seguito all'attuazione
di quanto previsto dalla Lex Julia De
Civitate Latinis et sociis danda.
MUNICIPIA E CENTRI MINORI DEL BRUTIUM (I SECOLO A.C.)
Il nuovo status municipale,
però, non consentì alla città di riacquistare il passato
splendore. E questo perchè essa (e, più in generale,
la maggior parte di quelle che furono le grandi città italiote) si trovava ormai al di fuori di quelli che erano
gli interessi strategici del suo tempo.
Lo splendore dell'antica
polis, dunque, era ormai svanito per sempre ed il suo destino si
legò indissolubilmente a quello delle altre città greche
d'occidente che con essa, come ebbe a dire Cicerone (Tusculanae
Disputationes, IV 1, 2), avevano fatto fiorire in Italia
sublimi e potentissime città di una nuova Grecia, per questo
motivo definita Magna. Che ormai però, è lo stesso Cicerone
a parlare, non
esisteva più (Laelius - De Amicitia, 4, 13:
"[...] Magnamque Greciam, quae nunc quidem deleta
est [...] ").
Ciononostante, Locri rimase
comunque un centro rilevante, conosciuto da studiosi e
personalità importanti, quali ad esempio il già citato Cicerone, che non di
rado ha incrociato il proprio destino con quello dell'antica
polis durante la sua attività; ma la sua importanza
era ormai più di carattere locale, confinata ad una zona
di provincia che sempre più si allontanava dagli interessi
politici romani e dai grandi traffici economici del futuro
impero. Divenne, quindi, un centro amministrativo
di dimensioni ridotte rispetto al passato ma intorno al quale
fiorivano ed orbitavano
numerosi centri agricoli e Villae, anche di
dimensioni notevoli, dell'aristocrazia romana.
Con l'avvento dell'età
imperiale le notizie storiche si fanno sempre più scarse, ma
da quel poco che gli scrittori antichi ci hanno tramandato
la città mantenne, almeno fino alla fine del II sec. d.C.,
una certa e relativa "ricchezza" dal punto di vista
economico e veniva esaltata per il clima salubre
dell'area in cui sorgeva.
Qualche notizia in più è stato
possibile ricavare dalle evidenze archeologiche che,
soprattutto grazie ai rinvenimenti delle campagne di scavo
degli ultimi anni (concentratesi nell'area romana e che, nel
2003, portarono allo straordinario rinvenimento della statua
detta del Togato di Petrara,
permettono oggi di considerare la Locri di età romana in
maniera diversa e sicuramente più degna di attenzione
rispetto al passato nel quale la polis greca godeva
di una posizione di privilegio in ogni ambito della ricerca
rivolta allo studio ed alla comprensione della Locri antica.
Tali evidenze hanno permesso di ipotizzare la continuità di
un nucleo urbano "forte" almeno per tutto il III sec. d.C. e
fino alla metà del IV sec. d.C.; dopo questo periodo è
facile presumere un lento ma inesorabile declino
dell'abitato a favore degli insediamenti sparsi sul
territorio anche e soprattutto per via del progressivo
logoramento del potere centrale romano che fece venir meno
la necessità di un centro amministrativo quale ormai era la
funzione principale di Locri.
La speranza, quindi, di poter
ottenere informazioni che possano colmare il vuoto lasciato
dagli storici antichi relativamente a questa fase storica è affidata agli archeologi ed ai loro
scavi nel territorio dell'antica città che, di questo siamo
sicuri, saprà in futuro ancora sorprenderci e testimoniarci,
una volta di più, la ricchezza culturale e l'importanza
dell'antica Locri. |